4 Novembre 2011

In questi giorni ho avuto il piacere di leggere il saggio dell’ing. Guido Accascina intitolato L’economia del piccolo cerchio, edizioni Aquiloni Alivola. Tengo subito a sottolineare l’interesse suscitatomi da questo scritto, essendo io l’autore del Progetto per un Parco Agricolo e Culturale della Sabina e ritrovando nelle parole di Accascina idee già tante volte da me stesso espresse in varie sedi.

Si tratta di un breve ma denso opuscolo, che come già perfettamente sintetizzato dal sottotitolo, costituisce uno «strumento d’indagine della microeconomia [locale]», nella fattispecie di quella sabina (RI). Anzi, per la precisione si prende in esame una piccola parte della ben più ampia sub-regione storica denominata “Sabina”, tracciando un cerchio immaginario i cui raggi nascono da un “centro geometrico” di riferimento corrispondente grosso modo all’abitato di Poggio Mirteto. Pur nella sua apparente virtualità, questo “piccolo cerchio” va a delimitare un’area con tratti omogenei, ossia la porzione meridionale della Sabina Tiberina, tra Fara Sabina e Casperia. Un “piccolo cerchio”, quindi, attorniato da altri “piccoli cerchi” e tutti all’interno di un cerchio molto più grande.

Il concetto di fondo che emerge dal lavoro di Accascina è l’importanza – e la difficoltà - di valorizzare le peculiari risorse locali, che egli vede chiaramente nell’artigianato, nelle attività agro-silvo-pastoriali e nel turismo, oltre che ovviamente nel patrimonio storico, artistico e ambientale. Del resto ci troviamo in una delle aree più “rurali” e tipiche del Lazio, ove il fenomeno dell’industrializzazione e quello della standardizzazione – o meglio il degrado - dei luoghi e degli atteggiamenti sociali sono rimasti fortunatamente modesti ed episodici. Tuttavia, proprio il valore indiscutibile del territorio preso in esame, ricco di pregio paesistico, naturalistico, storico, culturale ed enogastronomico ha spinto l’Autore a puntare il dito contro la sua decennale inadeguata gestione da parte delle amministrazioni pubbliche, le quali, lungi dal valorizzarlo, hanno lavorato quasi sempre e solo al fine di depauperarlo delle sue stesse specifiche valenze. La recente vicenda del Polo Logistico di Passo Corese, infatti, riapre di colpo, e drammaticamente, una riflessione circa la capacità della politica locale di tutelare, valorizzare e promuovere le preziose risorse di cui la comunità sabina dispone. Del resto è da questa vicenda, ad oggi purtroppo indirizzata verso il peggio, che prende spunto il lavoro di Accascina.

Un secondo concetto importante esposto dall’Autore è la necessità per questa micro-realtà sabina di tornare ad essere protagonisti di una produttività locale redditizia, anziché rendere la popolazione del piccolo cerchio sempre più dipendente nei consumi da merci e beni – materiali ed immateriali – importati dall’esterno. La progressiva morte dei saperi in ambito artigianale ed agricolo - insomma del genius loci –rischia di rendere completamente subordinato il territorio compreso nel “piccolo cerchio” ad influenze estrinseche ad esso, da un punto di vista economico, politico e culturale. In buona parte è ciò che già accade, in quanto - come sottolineato nel capitolo 2 - è fortemente praticato il pendolarismo verso Roma sia per motivi di lavoro che di studio. Ancora una volta, tale dipendenza è figlia di una cattiva amministrazione delle risorse locali: la Sabina produce un olio extravergine d’oliva (primo in Italia ad essere riconosciuto col marchio dop) fra i più pregiati al mondo, decantato sin dai tempi dei Romani, eppure sul mercato vende a meno della metà di altri oli più rinomati, come ad esempio quello toscano. Accascina giustamente pone di nuovo l’accento sull’incapacità della Provincia e dei Comuni di operare una sinergia tale dal porre al centro di una nuova economia turistica un prodotto di simile eccellenza, creando cioè un’immagine turistica del territorio, che attualmente manca del tutto. Insomma, la Sabina ha un olio straordinario ma sui mercati non può comparire a prezzi adeguati poiché, nell’immaginario del consumatore finale, al termine “Sabina” non corrisponde alcun concetto che lo spinga all’acquisto (ed è questo uno dei motivi per cui – come sappiamo tutti - una larga parte della produzione olivicola sabina vada a finire molto lontano dal piccolo cerchio, per “tagliare” oli ben più rinomati). Segue una serie di dati statistici sulla crisi economica della Provincia di Rieti, in una visuale parecchio severa, ma che ci fa pensare ad un assunto che nasce spontaneo: la Sabina non è e non è mai stata industriale (e meno male) ma non è nemmeno turistica, né ha una produzione agricola che possa creare un movimento di denaro sufficiente alla popolazione locale. Che strada prendere, allora? Non certo quella dell’ASI: del resto – mi preme di aggiungere - mentre mezza Europa imbocca la via della deindustrializzazione, mentre in Provincia di Rieti le aziende chiudono e l’area industriale di Rieti-Cittaducale diviene sempre più un cimitero di capannoni (che magari almeno fossero utilizzati per i pannelli fotovoltaici… ma no!, quelli stanno bene sui terreni agricoli!), l’ASI di Rieti vorrebbe inventarsi, così di colpo, una nuova era di sviluppo industriale in un territorio che non ha mai dimostrato di averne la vocazione. Anzi, a ben vedere di “industriale” c’è ben poco, se è vero che i 200 e rotte ettari di capannoni piazzati quasi sulle rive del Tevere non produrrebbero un bel nulla, ma semplicemente smisterebbero merci prodotte nei più disparati angoli del mondo. Un progetto assurdo e demenziale, ad esser buoni.

Nei capitoli 3 e 4 si pone l’accento sulla mancata volontà e sull’incapacità dei vari Comuni nell’attuare iniziative condivise e indirizzate allo sviluppo del turismo nel territorio inteso come qualcosa di unitario. «E’ una situazione completamente disaggregata»: mancano una sinergia fra le amministrazioni ed una politica turistica vera e propria.  Eppure Accascina riporta un dato di grande interesse, grazie ad un’indagine svolta presso i residenti/ pendolari giornalieri: e cioè che nel “piccolo cerchio” «quasi il 70% desidererebbe cambiare lavoro e aprire un’attività all’interno della zona di residenza, possibilmente legata al turismo, all’artigianato e al’agricoltura, e che molti i loro hanno già esperienza o conoscenze in questi settori». E’ questo un dato sorprendente ed inquietante allo stesso tempo: una parte sostanziosa della popolazione del piccolo cerchio, ma anche di quelli contermini, vorrebbe lavorare nell’ambito della valorizzazione delle risorse locali; e cioè la maggioranza dei sabini dichiarano di essere coscienti delle potenzialità economiche della propria terra e sarebbero - se adiuvati dalla politica a livello comunale, provinciale e regionale, evidentemente – disposti ad investire tempo, energia e denaro. Ma perché allora – ecco il dato inquietante – la politica locale appare oggi orientata in tutt’altra direzione (vedi Asi a Passo Corese), o comunque pecca di lassismo e ignavia: insomma perché non propone e non fa praticamente nulla per valorizzare le risorse locali? Prendendo come pietra di paragone la Provincia di Bolzano, che detiene il primato in Italia di presenze turistiche e giro di affari relativi al “turismo ecologico”, Accascina esegue delle proiezioni realistiche sulla possibilità di incrementare in modo esponenziale il turismo in Sabina, finora rimasto davvero di nicchia e relegato a numeri che non permettono al comparto di essere un volano di sviluppo economico locale; inoltre l’unica meta “turistica” di un certo rilievo rimane la sola Abbazia di Farfa (e aggiungo io Casperia, pur in misura assai minore). E come un inevitabile e necessario ritornello, anche qui l’Autore ricorda come la Sabina avrebbe tutte le prerogative (paesaggio, clima, posizione strategica, eccellenze enogastronomiche locali, emergenze storico-artistiche, aree protette, ecc…) per sviluppare un turismo simile a quello alto-atesino o anche a quello toscano. Ciò che sono le mele per l’Alto Adige o il vino per la Toscana potrebbe essere l’olio extravergine per la Sabina. In questi capitoli ritornano molte delle idee da me reiterate nel Progetto per un Parco Agricolo e Culturale della Sabina (escursioni, mobilità pubblica, attività culturali, eventi, attività sportive, culinarie, agricole e artigianali, anche sotto forma di seminari e corsi) anche al fine di combattere il “mordi e fuggi” che attualmente caratterizza il turismo in Sabina e quindi di prolungare i soggiorni nella zona.

I capitoli 6 e 7 si concentrano invece sui flussi materiali da e verso il piccolo cerchio, in particolare l’energia e gli oggetti d’uso comune. Per quanto riguarda il problema energetico, saggiamente Accascina parla dei modi di prodursi energia in loco e a livello domestico, utilizzando le risorse rinnovabili locali ma evitando le megacentrali eoliche e fotovoltaiche a terra tanto dannose e controproducenti per uno sviluppo sostenibile di un territorio così spazialmente ristretto. Si eviterebbero così gli sprechi e l’inquinamento derivanti dall’acquisto esterno di tutta l’energia necessaria alla quotidianità degli abitanti della zona. Discorso simile per oggetti come i vestiti, i mobili ma anche i prodotti alimentari di prima necessità, che vengono sempre più acquistati al supermercato o comunque sottoforma di beni confezionati. In entrambi i casi torna l’importanza di difendere e anzi sviluppare le attività artigianali locali, le cui produzioni, secondo lo studio di Accascina, potrebbero essere concorrenziali a quelle industriali anche dal punto di vista dei costi, poiché verrebbero eliminati tutti i “passaggi” che inevitabilmente incidono sul prezzo finale del prodotto industriale.

E appunto proprio come un cerchio, il discorso di Accascina si chiude come era iniziato. Nel capitolo 8 il protagonista è il valore dell’handmade, della cose fatte a mano, dei mestieri, insomma del saper fare e non l’essere un mero consumatore: «il sapere delle mani, se non è esercitato, si perde». Del resto la produzione artigianale può essere un «piacere», laddove nella società contemporanea il consumo è sentito sempre più come un «obbligo» (e una necessità). E’ però ancora la politica locale che deve lavorare alla salvaguardia e alla valorizzazione delle attività artigianali e agricole locali, vale a dire della Sabina peculiare e produttiva. Il Piccolo Cerchio di Guido Accascina rappresenta effettivamente uno studio semplice, leggibile e fruibile da tutti, non un lavoro da specialisti. Eppure è forse il primo lavoro di analisi razionale e propositiva della realtà sabina in chiave di sviluppo sostenibile. Dati statistici, saggi, associazioni culturali, gruppi web, eventi e iniziative varie ci fanno capire che centinaia di intellettuali, artisti, studenti e lavoratori - residenti o gravitanti sulla Sabina - ormai sono concordi nell’affermare l’urgenza di attuare una politica volta alla tutela e allo sviluppo economico delle risorse locali. Regione, Provincia e – soprattutto - Comuni potranno essere ancora così sordi nei confronti di una richiesta di sostenibilità ormai così diffusa?

Luca Bellincioni

 

31 Ottobre 2011

...il piccolo cerchio è una bella idea perché parte da un principio di inclusione (quello che c'è dentro) e da quello che entra e esce (i flussi). Piccolo è bello solo perché sta in rapporto col resto...

Franco F.

 

25 Ottobre 2011

...Mi piace la centralità della relazione produzione-sapere-socialità' con la vocazione dei luoghi e mi rimanda al piacevole ricordo del motto "Small is beautiful" (il cui autore tra l'altro era economista!)...

Un abbraccio

Anna C.

 

25 Ottobre 2011

...Sono il coordinatore di una start up **** ; ho ricevuto e letto il suo libro e ho deciso di scriverle per i molteplici punti di contatto che trovo con la nostra mission.

Noi siamo un gruppo di giovani neo laureati in turismo, che abbiamo messo al centro del nostro agire l'amore per il territorio nel quale siamo nati.

Raccontare il territorio nei suoi più remoti angoli attraverso l'unico vero strumento comunicativo e divulgativo, la rete, per permettere la sopravvivenza delle buone pratiche, e in maniera efficace ed economica. 

Siamo del parere che nell'epoca dei social, un territorio non può prescindere dal condividere tutto ciò che lo riguarda; però solo chi abita e conosce i luoghi, perché li vive, può veramente fornire un quadro diverso, e  comunicarne la vera autenticità.

Cordiali saluti

Giulio D.

 

20 Ottobre 2011

Ho inserito il tuo libro su Sabina Magazine

http://www.sabinamagazine.it/images/pdf/ilpiccolocerchio.pdf

Maria Grazia Di Mario

 

20 Ottobre 2011

Grazie, e continuate cosi'.

Un abbraccio

Giuseppe S.

 

20 Ottobre 2011

Leggere i tuoi approfondimenti su un tema così delicato e dibattuto mi rincuora. Così, alle volte, mi sento meno solo!

Siamo in tanti a credere nella piccola  produzione come una risposta alle crisi. Produzione locale, basata sulle eccellenze agricole ed ambientali.

Siamo in pochi a trasformare il credo in azioni.

Penso anch'io che la sinergia sia l'unica via disponibile.

Se tu porti persone in sabina con le tue attività, queste incideranno positivamente sulle mie attività.

Quindi più b&b abbiamo, più olio produciamo ecc., più forniamo servizi e saremo competitivi sul mercato turistico.

Puntando sulle prerogative rurali e tradizionali locali.

L'analisi economica del piccolo cerchio mi affascina, pur non sapendone valutare l'esattezza.

E' tuttavia una risposta, da valutare empiricamente.

Forse sarebbe da esportare a livello sociale ed amministrativo, in quanto legata allo sviluppo ed alla salvaguardia del territorio.

Intanto domenica c'è l'appuntamento a Castelnuovo di Farfa sulle città in transizione, mi sembra in tema.

Ciao.

Gianni C.

 

19 Ottobre 2011

Un lavoro magnifico,mi ridai un po' di speranza che le cose e le persone positive si ritrovano ancora, poi in ...piccoli cerchi.

Grazie, un abbraccio,

Valeria G.

 

18 Ottobre 2011

L'ho trovato molto interessante e
pienissimo di spunti da cui partire per una miriade
di progetti virtuosi. Spesso si perde la semplice abitudine
a "far di conto" che ci fa ben figurare la dimensione della nostra
microeconomia. credo che sia proprio questo uno dei principali punti di forza
del tuo lavoro, quello cioè di quantificare "in soldoni" e con esempi lampanti e
comprensibilissimi la stima di quello che avviene all'interno del piccolo cerchio.
credo che tutti debbano capire e rendersi conto di questo squilibrio in uscita
e delle potenzialità territoriali.

Luca C.

 

18 Ottobre 2011

molto interessante la tua analisi.

Mi sto misurando su una riflessione simile però da applicare all'economia dell'isola del

*****. Sono infatti socia di una cooperativa che produce vino ansonica

con metodologie tradizionali e si pone come obiettiettivo quello

che arrestare lo spopolamento dell'isola nei mesi invernali soprattutto

arginando l'emoragia dei giovani che chiaramente, non appena

possono, vanno sul continente a cercare lavoro. I dati di cui mi avevi già

parlato dei flussi di turismo invernale da parte dei pensionali

mitteleuropei sono decisamente interessanti anche se forse

bisognerebbe aggiornarli. Anche il modello di sviluppo interno e caratterizzante

il brand locale mi sembra convincente. Il problema credo sia riuscire

ad imporlo in un contesto sociale che veicola interessi, sensibilità,

attività attraverso i canali della pubblicità tradizionale. Restano

sicuramente margini di speranza sul cd. turismo fai da te che passa

dal web. Tuttavia ho paura che i tempi siano ancora lunghi. Ad ogni

modo, se il tuo interesse non è solo incentrato sulla sabina, mi

piacerebbe condividere con te questo tipo di riflessione e ,perchè no, anche

di possibili attività.

Cari saluti Ebe G.

 

18 Ottobre 2011

Sì mi sembra interessante e giusto oggi (sono riuscita a leggerlo solo ora) mi chiedevo se posso farlo girare.

Nel paese norehwon (il paese che non c'è? utopia?) ti proporrei come ministro per l'agricoltura e l'economia.

Il punto di vista non è affatto scontato e grazie.

ciao

Silvana M.

 

18 Ottobre 2011

Ci sembra che questo libricino possa dare speranza alle nuove generazioni,

e rendere piu' umana la nostra societa'

Un abbraccio e in bocca al lupo .Federica ,Marco e co.

 

17 Ottobre 2011

ho letto e apprezzato molto la chiarezza dell'esposizione

e l'idea del piccolo cerchio con le dovute esemplificazioni:

splendida quella dei due maglioni in fotocopia.

penso che possa essere un libretto molto interessante

da diffondere e da far diventare centro di discussioni

che si allarghino a cerchi sempre più ampi.

una controprova: proprio stamattina un mio collega tecnico

di misilmeri senza copnoscere il tuo testo mi ha parlato

di una sua idea analoga e vuole assolutamente leggere il tuo libro.

ti abbraccio, fammi sapere

Gian Mauro C.

 

17 Ottobre 2011

Mi sono appassionata alla lettura del libretto.

Mi sembra utilissimo e molto ben congegnato

Ciao

Emilia C.

 

17 Ottobre 2011

E' uno studio molto bello, ricco di spunti

Giulia C.

 

16 Ottobre 2011

Il librino è ottimo, senza dirlo, dice una cosa che dà speranza:

persone per bene si muovono, fuori dalla foire aux discours,

in questo paese di merda che è l'Italia.

Questa è politica, politica vera, l'unica possibile oggi.

Coraggio Giu

 

16 Ottobre 2011

letto d'un fiato all'una di notte:  vuol dire che si fa leggere proprio bene,

che fluisce e che la grafica ti sostiene piacevolmente,

che quello che proponi non e' vaporoso ma ti da il gusto delle radici,

che ti accompagna nel percorso preoccupandosi della meta

ma anche ti fornisce le scarpe giuste, il bastone da passeggio e la borraccia

Mi piace ritrovare nel cerchio il dettaglio, la curiosita', la fiducia nella possibilità di intervenire

Effetto collaterale: quel po' di nostalgia per quello che uno si perde nello sconsiderato sistema

che non ha più occhiali per vedere lontano ne' per vedere vicino e annulla ogni cosa nell'indistinto.

Sono una fan del piccolo cerchio e se i miei vicini avessero un'espressione piu' vicina a un terrestre

che a un alieno, la proporrei alla prossima riunione condominiale

Carla C.

 

16 Ottobre 2011

chiaro e comprensibile, sono idee da me caldeggiate sin da quando ero piccola

e parlavo di questo con mio padre.

Quanto è vero che ora si tende a non diversificarsi più

e quanto sarebbe bello che in ogni posto si trovassero

odori sapori usi costumi e prodotti solo del luogo,

come era prima se si viaggiava. sono d'accordo su tutto.

Dedella O.